Dello "strozzo che non strozza" e altri specchi da scalare.

 

Lo strozzo non strozza.  La sega non sega, l’evidenziatore non evidenzia…  Fitto mistero sulla scelta del  nome operata dall’inventore e parimenti misterioso il perché le case produttrici si tutelino applicando all’oggetto le “istruzioni per l’uso” intimando di agganciare questo strumento in modo fisso al fine di non soffocare il cane. Mistero, pare. 

In questo articolo non mi soffermerò sugli eventuali danni fisici causabili  attraverso l’uso dello strozzo. Parlerò piuttosto delle implicazioni della scelta di utilizzare lo strozzo nell’educazione del cane. Questo per precisi motivi:  non sono un veterinario e non è il mio lavoro stabilire cosa sia un danno fisico; sono ben consapevole che per causare un danno non necessariamente questo debba essere fisico. Si pensi solo ai danni morali e ai danni psicologici riscontrabili in umana. Non solo. Le minacce, spintoni, schiaffi… non lasciano danni fisici evidenti e non procurano traumi fisici o ne procurano di limitati. Le implicazioni fisiche e i danni fisici sono solo una parte della medaglia. A dire il vero, trovo fin riduttivo e stupido, criticare lo strozzo adducendo a motivazione le possibili problematiche fisiche cagionabili. Questo perché rafforza in alcuni l’idea che basti non procurare lesioni fisiche per essere nel giusto. Intendiamoci: giusto in senso lato, nell’ottica del cane, ottica che preme a chi scrive. Nell’ottica legale (Italiana) e nell’ottica del tutto umana, lo strozzo è uno strumento legalmente acquistabile e utilizzabile da chiunque. Esiste il generico e fumoso divieto di maltrattamento. Cosa sia maltrattare non è dato saperlo. 

Quindi, cagionare lesioni fisiche e maltrattare sono comportamenti puniti dalla legge. Fin qui tutto bene. E se le lesioni fisiche non ci sono? Niente lesione = niente danno?  In umana non vi è dubbio che anche solo un danno potenziale è punibile. Una minaccia è punibile. 

Ma verso i cani? … infondo sono solo cani. 

Strumenti: cosa sono e a cosa servono. 

Anche qui dobbiamo intenderci. Nel nostro ordinamento giuridico, è la legge a stabilire dove i cani possano stare liberi e dove debbano essere condotti mediante guinzaglio.  Ad un livello non strettamente legato alla normativa in vigore, la preoccupazione del proprietario è quella di trattenere il cane affinché non scappi, non si faccia male/muoia, non arrechi danno a cose e a terzi. Lo strumento atto a evitare questi eventi è il guinzaglio. Guinzaglio che deve essere agganciato al cane attraverso uno strumento. Se lo scopo è solo quello di trattenere/contenere, collare fisso o pettorina sono gli strumenti atti allo scopo. E lo strozzo? Certamente anche lo strozzo è uno strumento atto allo scopo ma questo tipo di collare non si limita a contenere/trattenere. Lo strumento ha una sua funzione intrinseca che è quella di scorrere stringendosi al collo del cane in caso di tensione del guinzaglio. Tensione che si può avere per mano del proprietario (volontaria o involontaria) o dietro azione del cane. Ecco spiegato perché “gli strumenti sono tutti uguali” è una affermazione falsa. Gli strumenti hanno funzioni diverse o meglio, possono adempiere determinate funzioni ma alcuni possono poi spingersi oltre. La scelta dello strumento deve essere quindi consapevole. 

Lo strozzo oltre a trattenere, assume una valenza diversa nel suo utilizzo. I sostenitori gli attribuiscono scopi utilitaristici quali strumento di comunicazione/correzione. 

Anche qui bisogna intendersi. Il guinzaglio, a qualsiasi cosa sia agganciato, funge da strumento di comunicazione. Collegando il cane al proprietario, implica una comunicazione reciproca. Cosa vogliamo comunicare è la discriminante. 

L’aspetto qui più interessante è quello della funzione di correzione. 

Correggere chi e per quale motivo? 

Presto detto. Correggere il cane perché sbaglia o si comporta in modo non consono, non accettabile. 

La correzione viene impartita al cane che non rientra nelle caselle e negli schemi di comportamento accettabili per gli umani.  Al fine di essere consapevoli nelle proprie azioni, il comportamento va analizzato da ogni punto di vista. Abbaiare, minacciare, saltare, mordere, distruggere, scavare… hanno lo stesso significato per il cane e per l’uomo? Non serve essere esperti in comportamento canino e nemmeno studiosi del comportamento umano per intuire che la valutazione di un comportamento attuato dal cane e classificarlo come “sbagliato” da parte dell’uomo, sono cose diverse. Quello che nell’etogramma del cane è un comportamento  usuale (comunicativo, offensivo, difensivo o distensivo che sia) viene percepito come inappropriato da parte dell’uomo. Questo perché teniamo alle nostre scarpe, al nostro giardino, ai nostri vestiti puliti, a che il cane non ci ferisca… 

Allora la domanda da porsi è : che senso assume la azione correttiva? Correggiamo un comportamento appropriato all’interno di una specie in base a parametri di un’altra?  Si, è la natura dell’uomo.  L’unico animale a non accettare un NO come risposta. 

Occorre allora capire che tipo di uomo vogliamo essere, che tipo di proprietario/educatore/addestratore vogliamo essere. Vogliamo dare ascolto alle problematiche del cane che lo portano ad attuare quel comportamento oppure vogliamo porre l’attenzione sulla volontà nostra o del cliente facendo cessare quel comportamento, pur se giustificato? 

Correggere non è sempre un male, intendiamoci. Le regole sociali e di convivenza impongono costi e benefici. Ci deve essere un punto d’incontro. Abbiamo una scelta da operare. Possiamo decidere di occuparci dei problemi, delle necessità e del disagio del cane portandolo a non sentirsi più costretto a mettere in atto quel comportamento oppure possiamo non tenere conto delle difficoltà e motivazioni del cane passando alla inibizione del comportamento. In entrambi i casi risolviamo il nostro problema percepito. Solo nel promo caso lo facciamo però risolvendo contemporaneamente il problema percepito dal cane migliorando la sua condizione. 

Possiamo scegliere. 

Qui si apre un mondo. Non ho la presunzione di avere gli strumenti per risolvere la diatriba - Strozzo si strozzo no - e probabilmente nemmeno le competenze. Voglio solo far riflettere. Alla fine ciascuno può rimanere della sua idea. 

Perché lo strozzo è diverso e più adatto ad operare una correzione inibitoria? Per la sua funzione intrinseca. Mediante uno strattone (colpetto, tensione, …) oltre al contraccolpo sul cane (che si avrebbe anche con fisso e pettorina) lo strozzo agisce comprimendo e strozzando il collo del cane intensificando l’effetto. Psicologicamente il risultato è potente, pur non imprimendo particolare forza. Un effetto che gli altri strumenti non provocano. Dove sta il punto della questione è presto detto. Le persone a favore dello strozzo non vedono in questa azione un “maltrattamento” o un arrecare danno fisico. E può anche essere vero. La condizione psicologica nella quale viene messo il cane rappresenta però un danno. Il cane sa che teniamo il guinzaglio in mano e sa che cosa possiamo fare. E si giunge a grandi passi alla celebre affermazione “basta saperlo usare”. E’ proprio questo il punto. Se lo scopo è quello di “comunicare e ricollegare il cane intento a porre in essere un comportamento a noi sgradito” uno strattone con fisso o pettorina dovrebbero essere sufficienti. Ben inteso, per chi crede che questa sia la strada corretta da percorrere. Perché usare lo strozzo se si nega la sua funzione intrinseca? Se lo strozzo non strozza, non soffoca, non amplifica l’effetto dello strattone, non cagiona fastidio, dolore (non serve procurare un danno fisico per procurare dolore), perché usarlo? Come si “usa bene” lo strozzo? 

Personalmente non voglio far cambiare idea a nessuno e nemmeno additare chi usa lo strozzo. La cosa che mi perplime è il non riconoscimento, da parte di chi lo usa, della funzione reale dello strumento. Lo strozzo agisce proprio attraverso il fastidio e il dolore inibendo il cane nelle sue azioni. L’uso protratto fissa nel cane la consapevolezza delle conseguenze di un comportamento sgradito e può portare alla estinzione del comportamento. Non per volontà. Per necessità. Necessità del cane di non subire lo strattone. Non si è agito sulla motivazione del cane e sulla estinzione delle cause. Si è operato a valle estinguendo forzatamente il comportamento. In un percorso contro il cane, non a sostegno del cane. 

Quindi lo strozzo funziona? Certo che funziona! (Non sempre e dipende da chi lo usa). Funziona se si vuole un cane inibito. Funziona se lo si sceglie come strumento per risolvere i problemi dei proprietari e se usato nell’unico modo possibile: strozzando. 

Non fosse così non si spiega la differenza con fisso e pettorina. 

Perché non usarlo? 

Inibire è la azione che si fa quando si è portato il cane ad attuare il comportamento. Ma quale senso ha portare il cane in questo stato per poi punirlo? Non è molto più produttivo, per il benessere del cane, portarlo a non sentirsi costretto ad attuare quel comportamento? A mio parere, il modo corretto di operare è concentrarsi sulle difficolta e sui bisogni del cane. Agire sulle cause portando all’estinzione del comportamento. 

Snocciolando degli esempi banali, se un cane è spaventato da persone, cani, rumori, ha più senso lavorare sul suo senso di sicurezza fuori dal contesto piuttosto che immergerlo nel contesto e inibire i suoi comportamenti difensivi offensivi o di fuga.  Parimenti, tralasciando per un attimo lo strumento, se un cane scava o distrugge è molto più sensato capirne le cause ed eliminarle piuttosto che punire il comportamento. 

La motivazione e la qualità del lavoro sono facilmente intuibili. Inibire implica che lo stato di malessere si sia già verificato. Lo stato d’animo del cane è già compromesso e io con azioni volontarie aggiungo conflitto ed elementi di stress inibendo il comportamento. Come aggiunta di stress, paura, dolore, conflitto, possano portare il cane a stare meglio è un mistero. Si torna sempre alla condizione di partenza. A cosa stiamo lavorando? Alla soluzione del nostro problema o alla soluzione del problema del cane? 

Credo di essermi dilungato sin troppo e che i concetti che volevo esprimere siano chiari. 

Veniamo ora ad un accenno alla diatriba tra sostenitori e detrattori dello strumento. Il punto non è “funziona o non funziona” il punto è che tipo di proprietario/educatore vuoi essere. 

I sostenitori dello strozzo spesso si lanciano in fantasiose affermazioni al fine di dare maggiore forza alle loro azioni. A parere di chi scrive, basterebbe essere onesti sull’uso e la funzione dello strumento. Invece è tutto un fiorire di “la pettorina fa danni; chi non usa lo strozzo impasticca i cani; vorrei vederti con certi cani…”. 

Facciamo chiarezza. 

Posso arrecare danno ad un cane mediante uno strumento? Certamente! Anche mediante l’uso di fisso o pettorina? Certamente! Con uso improprio e imprimendo forza nelle azioni, gli strumenti possono arrecare danno al cane. Per uso improprio si intende uso diverso da quello per il quale lo strumento è nato.  Se lancio il cane legato a pettorina/fisso posso arrecargli danno, ovvio. Se uso lo strumento per quello per il quale è nato, è molto improbabile ci siano conseguenze. Questo non è valido per lo strozzo, come visto sopra. Basta anche solo che il guinzaglio venga trattenuto e che il cane tiri affinché questo si strozzi. Se si aggiunge lo strattone, … 

Che i "gentilisti" impasticchino i cani è una calunnia bella e buona. Un educatore, così come un addestratore o chiunque altro non sia un medico veterinario, non può prescrivere e somministrare farmaci. L’abuso è un reato e va denunciato alle autorità competenti. Delle due l’una: o chi sostiene questa versione mente, oppure, se a conoscenza di reati messi in atto da un educatore, si macchia dello stesso reato non denunciando. Basta riflettere su queste cose e chiedere di fare i nomi. 

Le patologie comportamentali sono fattispecie trattate da medici veterinari e la responsabilità per prescrizione e somministrazione di farmaci è loro e della scelta dei proprietari. Si può chiedere un secondo parere, far vedere il cane ad altro professionista, medico o addestratore che sia. Sostenere che tra l’uso della forza e le pastiglie non ci sia nulla è una falsità.  

Il “Vorrei vederti con certi cani” viene usato come giustificazione all’uso della forza. L’uso dello strozzo legittimato e incentivato perché non si è in grado di fare altro. Ma sorge un dubbio legittimo. A dire il vero una certezza. Con un cane di un “certo tipo” il problema di comunicazione o correzione si risolve con un lieve strattoncino?  Quanta forza si deve usare per placare fisicamente un cane portato ad aggredire? Volere un cane che fisicamente non si è in grado di tenere e gestire, ci autorizza ad usare il dolore e l’inibizione? Non è il mio campo, non ne ho le competenze ma per trattare certi casi le precauzioni e le strategie che si possono usare sono ben altre. Analisi delle cause e lavoro su queste, indagini veterinarie per escludere dolore o patologie, recinti, guinzagli, museruole,… Ma non è questo il punto. Tutti i cani che indossano lo strozzo sono cani di tale pericolosità? Tutti gli strozzi venduti sono destinati a persone che trattano casi limite? Perché molti addestratori, privati, educatori lo usano indistintamente su qualsiasi cane? 

Manca la motivazione principe… “il collare a strozzo non rovina il pelo”. Tutti abbiamo gli occhi per vedere.  Chi vuol credere a questa motivazione, dubito possa aver trovato un qualche spunto di riflessione in questo articolo. 

Una ultima considerazione sugli addetti ai lavori o presunti tali. 

Ciascuno di noi, più o meno consapevolmente, trattando e parlando di cani diffonde cultura cinofila. Cultura che può essere però corretta, imprecisa, errata.  Dovremmo farci attenzione e non abusare della nostra posizione e del nostro seguito.  Dovremmo interrogarci sul messaggio che diamo alle altre persone. Sostenere la bontà e la innocuità dello strozzo è una svista non da poco. Tutti ad affrettarsi a ribadire “basta saperlo usare; in mano ad un serio professionista…” e tutti a sentirsi in obbligo di precisare “ma mica lo impicco o lo torturo, solo un lieve colpetto”. Ma chi legge? Quale messaggio arriva a chi legge? Chi stabilisce quale sia un bravo professionista? Chi stabilisce chi sa usare “bene” lo strozzo? Chi stabilisce l’intensità del colpetto? E se il cane non risponde si è autorizzati ad aumentare la forza? E’ uno strumento in libera vendita senza alcun obbligo di formazione. Quale uso ne verrà fatto e da chi? 

Leggo spesso di associazioni e volontari che invece di occuparsi della loro attività (che è importantissima e che svolgono benissimo) si azzardano in consigli educativi, osannando lo strozzo, denigrano chi ne è contrario, pur non avendo alcuna preparazione, formazione e competenza in merito. Credo ciascuno debba fare bene il suo lavoro e portare avanti la sua azione. Così come in umana ci rivolgiamo a insegnanti, avvocati, commercialisti, falegnami, idraulici… Perché non deve essere così per i cani e per la loro educazione? 

Oggi siamo tutti in grado di valutare se un metodo ci va bene o meno e se riteniamo sia quello che serve al nostro cane. La responsabilità più grossa non la attribuisco a chi promuove l’uso dello strangolo ma ai proprietari che lo accettano. 

Chi ne propone l’uso, pur legale, ha a mio parere la colpa di farlo senza essersi mai fermato a riflettere su cosa ci stia dietro e senza essersi chiesto: è l’unica strada? 

Ma perdio, siate onesti. Lo strozzo strozza.