La predazione e le anomalie comportamentali. Ragionamento sui Galgo Rescue.

 

La predazione, cos’è? Letteralmente è l’azione che il predatore mette in atto per poter catturare la preda (tipicamente a fini alimentari). Che il cane sia un predatore ce lo dice la sua dentatura, la sua storia evolutiva e ce lo dice l’etologia. La selezione praticata dall’uomo ha ottenuto razze morfologicamente, ma anche caratterialmente, molto diverse fra loro eppure centinaia di anni di selezione non sono bastati a piegare la Natura: istinti predatori decisamente rilevanti si possono riscontrare anche in soggetti appartenenti a “razze” che, nell’intento dei selezionatori, dovrebbero essere totalmente prive di tali pulsioni. 

I cani non hanno una morale (e nemmeno gliela si può insegnare), quindi non sono in grado di distinguere un’azione “eticamente corretta” da una scorretta. Per loro cercare-rincorrere-afferrare-uccidere e, a volte, mangiare un altro animale, è assolutamente normale e lecito. Per alcuni è un’esigenza di vita, per altri è la strada per uscire dal tunnel di paure, fobie o comportamenti che ne indicano un profondo malessere. La caccia può quindi essere una forma di terapia che serve a migliorare il benessere dell’animale.  

Chi adotta (per scelta consapevole o no) un cane appartenente ad una delle razze da caccia, se vuole che il proprio cane possa stare bene ed essere affidabile e prevedibile, occorre che in qualche misura consideri l’idea di affrontare serenamente e razionalmente, libero da pregiudizi o vincoli morali, la questione.Così da rendersi meglio conto di cosa significhi “gestire” un cane con istinti predatori.

La predazione, all’interno della relazione cane-uomo, è una risorsa importante per consolidare positivamente il rapporto, perché la caccia è a tutti gli effetti un’attività sociale, come lo è il gioco. 

La predazione è formata dalle seguenti fasi:

1) ricerca (olfattiva o visiva a seconda delle caratteristiche predatorie del soggetto)

2) individuazione

3) inseguimento/cattura

4) uccisione

5) consumazione

Va detto che non tutti i cani arrivano a completare la sequenza; possiamo trovare soggetti che arrivano al massimo alla fase di inseguimento.

Ad ognuna delle fasi sono associati stati emotivi che si ripercuotono sulla relazione con il conduttore. L’intervento del conduttore, teso ad interrompere l’azione predatoria, può avvenire in ciascuna delle fasi, in funzione della solidità della relazione cane-uomo sviluppata. Non va peraltro nascosto che, più si avanza nella sequenza, maggiore è l’impatto emotivo sul cane che quindi rende maggiormente difficile l’intervento del conduttore. Le fasi infatti sono via via rinforzo della fase precedente. Per arrivare ad una comprensione maggiore del proprio cane e ad una gestione equilibrata ed efficace, il primo passo è certamente quello di cambiare visuale riguardo la caccia (del cane!): guardandola con i suoi occhi, condividendola, dimostrandogli che siamo con lui anche in quei momenti, guidandolo nelle sue esperienze e lui inizierà a vederci come un suo compagno, un riferimento, un “socio” e non come l’ostacolo ai suoi comportamenti... naturali.

 

Fatta questa premessa che funge solo da infarinatura di una questione ben più complessa, il punto sul quale mi preme soffermarmi è la differenza tra predazione e comportamenti dovuti a picchi di eccitazione e perdita di lucidità che implicano comportamenti predatori. La predazione in sé, per definizione, è una azione che implica concentrazione, misura, analisi, lucidità. I predatori non possono lasciare la loro azione al caso e non possono permettersi di non essere lucidi nella azione onde evitare l’insuccesso nella cattura. 

La predazione selezionata e indotta dall’uomo, spesso introduce degli elementi innaturali e delle condizioni falsate (ambientali e di contesto) dove l’animale si comporta in modo difforme alle modalità naturali e “normali”. 

E’ molto frequente descrivere come “comportamenti predatori” comportamenti che in realtà non lo sono ma che hanno solo un risvolto predatorio come conseguenza. 

E’ questo il caso degli inseguimenti attuati dai cani nei confronti di altri cani. Ho in mente gli inseguimenti dei levrieri nei confronti di cani di piccole dimensioni (ma non solo) spesso in aree cani, recinti ecc. ossia dove viene data loro la possibilità (anche incidentale o fortuita) di attuarli. Spesse volte i proprietari, per ovviare al problema, utilizzano la museruola ad impedire pinzate/morsi o esiti ben più gravi. Spessissimo episodi del genere vengono bollati come “gioco”, o come “predatori”. 

Una componente predatoria ovviamente è presente ma la cosa da valutare al fine di analizzare correttamente quel tipo di situazioni sono cause, contesto e ambiente. Non va sottovalutato nemmeno l’aspetto relativo a selezione e condizioni di detenzioni subite dall’animale durante il corso della sua vita. 

Vediamo di analizzare un caso tipico nei Galgo rescue; cani con forte istinto predatorio. 

Le condizioni di allevamento e addestramento inflitte all’animale, incidono pesantemente sul suo comportamento. 

Nello specifico. 

Introduciamo il concetto di “disturbo/anomalia comportamentale”. Un disagio dovuto frequentemente ad una fallita risposta comportamentale a una determinata pulsione interna. In questa chiave si individua quindi un innesco interno piuttosto che la ricerca di una motivazione esterna responsabile del problema. Elemento centrale nell’indagine patologica. 

Una mancanza stimolatoria di questa portata è definita come “Stasi Comportamentale” . Condizione in cui un animale si trova se l’ambiente nel quale vive non fornisce adeguate stimolazioni per l’espletamento del repertorio comportamentale evoluto nella specie di appartenenza. Il comportamento cade quindi in una condizione di apatia funzionale e le pulsioni che lo determinano, non trovando vie di sfogo, si accumulano generando nell’individuo uno stato di inquietudine (manifesta o meno) che esordisce in ultima analisi in espressioni comportamentali antievolutive. “Comportamenti antievolutivi “ nel senso di non presenti normalmente nel repertorio comportamentale di animali in natura perché non utili (e spesso, al contrario, dannosi o rischiosi), ne per il soggetto e nemmeno per le esigenze biologiche della specie. 

Una protratta condizione di stasi comportamentale, può portare all’ “Abbassamento di soglia”: meccanismo fisiologico dove il mancato espletamento di qualche funzione comportamentale corrisponde alla maturazione pulsionale in grado di modificare quantitativamente le reazioni future. Più un comportamento non ha modo di essere manifestato, più esso aumenterà in intensità. Nel momento in cui in un animale nasce una determinata predisposizione nei confronti di uno stimolo e dove la sua presenza si affievolisca, aumenta inversamente la disponibilità eccitatoria dell’animale e delle vie predisposte alla ricezione dello stimolo e, conseguentemente, matura una imponente appetenza nei confronti di quest’ultimo. 

Pertanto la condizione di stasi comportamentale può causare: 

  • una scarica quantitativamente sproporzionata di manifestazioni comportamentali, inadeguata o abnorme; 
  • una ricerca ossessiva di condizioni stimolatorie idonee a generare quel compiacimento comportamentale autoremunerativo, che è la scarica della pulsione comportamentale; 
  • reindirizzamenti comportamentali su base innata o su base appresa inidonei e deleteri. 

Una premessa piuttosto complessa (e per ovvie ragioni sintetizzata), che mi ha portato a ragionare su casi specifici osservati sui cani. 

Di seguito vediamo un esempio chiarificatore. 

Dicevamo dei comportamenti predatori dei Galgo. Le condizioni di allevamento, addestramento e detenzione, si basano sull’induzione della stasi comportamentale aggravata da una deprivazione di stimoli di tipo ambientale, sociale ecc. Il cane si trova quindi ad accumulare tensione e stress in condizioni di isolamento, con sviluppo di “comportamenti appetitivi”  (comportamenti finalizzati alla ricerca di una stimolazione idonea al loro espletamento). In contrapposizione a questa condizione (volutamente ricercata dai Galgueros), nella azione di caccia, i cani hanno una risposta esplosiva e con perdita di lucidità dove le reazioni li portano spesso anche a non calcolare i rischi delle loro azioni. Il contesto è però artificioso. I cani sono messi nelle condizioni di avere un focus (lepri spesso allevate e liberate in spazi scelti e a volte delimitati) ed ai proprietari non interessa generalmente la lucidità e la misura della azione, anzi. Eventuali e probabili conseguenze delle azioni non lucide (fratture, ferimenti, morte…) sono all’ordine del giorno. 

Una volta adottati, a questi cani viene generalmente impedito di esercitare le loro pulsioni tendendo quindi a perpetrare la fase di stasi comportamentale. Le loro pulsioni non vengono incanalate, reindirizzare e non vengono fatte sfogare attraverso attività consone o palliative comportando, laddove siano messi in condizioni di farlo, una esplosione comportamentale non lucida e spesso non controllabile con conseguenze spesso poco piacevoli. 

Veniamo agli inseguimenti predatori in aree cani o simili. Come detto in precedenza, la predazione (l’azione che il predatore mette in atto per poter catturare la preda tipicamente a fini alimentari) di cani verso cani è un comportamento antievolutivo. L’azione è quindi insensata (etologicamente). Non siamo in una sequenza predatoria biologicamente intesa ma piuttosto nello sfogo di un comportamento represso e inibito in precedenza. Il cane “predato” funge da innesco e da elemento trainante e autogratificante per il cane inseguitore. Diventa un focus dello sfogo comportamentale. Una volta avvenuto l’innesco, il comportamento si sviluppa in forma non controllata ed è trainato dalla corsa del cane in fuga. 

Venendo al fenomeno dell’ “Abbassamento della soglia” il cane predato che funge da innesco (non essendo in realtà una preda in senso biologico) oppure uno stimolo di valore e intensità inferiore, (es. un gioco, un oggetto lanciato) innescano una reazione spropositata, inidonea, fino a deleteria (schianti su rete o oggetti, risposta difensiva dell’inseguito, pinzate, ecc.).

La perdita di controllo è di per se un elemento contrario all’azione predatoria. 

Veniamo al video che propongo con una Galghetta che sta facendo un meraviglioso percorso. Si vede un innesco di basso valore biologico (oggetto che non si muove autonomamente, che non scappa) e la reazione del cane. Come si può vedere dal video, la azione “predatoria” non è finalizzata, il cane non va sull’oggetto, se non nella fase di innesco, e sviluppa una corsa non lucida ed esplosiva che non ha nulla a che vedere con la predazione e nulla a che vedere con lo stimolo di innesco. Il cane dimostra spiccata eccitazione (esplosione emotiva, picco di eccitazione) immotivata rispetto all’innesco (ecco il concetto di Abbassamento di soglia) e difficoltà a fermarsi anche laddove lo stimolo sia cessato. L’azione è governata con evidenza dal picco di eccitazione, non certo dalla predazione ed in primis non dallo stimolo. Se lo stimolo costituisse un focus da seguire (spesso cane di piccole dimensioni, ma non solo) la azione sarebbe generalmente rivolta a questo non come sequenza predatoria ma come focus di una azione eccitatoria. Un reindirizzamento inidoneo e deleterio di un comportamento inibito e compresso che diventa autogratificante, per l’inseguitore, in ogni sua fase. Il “predatore” non insegue una preda ma manifesta una anomalia comportamentale autogratificante verso una “ non preda”. Ciò per i motivi detti in precedenza. 

 

 

 

Frustrazione”. Lo stato psichico determinato da un mancato o ostacolato appagamento, temporaneo o permanente, di un bisogno o di una pulsione è definito con il termine di Frustrazione. Le cause possono essere endogene o arrivare dall’esterno e possono riguardare diversi ambiti (ambientali, sociali, ecc.). Il ragionamento va qui contestualizzato in ambito cinofilo e nello specifico nella trattazione dell’argomento predazione. Molto utile nel presente lavoro mi è stata la osservazione e il confronto con l’amico (definirmi collega è davvero irrispettoso verso la sua preparazione ed esperienza) Marco Martini, professionista in ambito di predazione e di attività di caccia nei cani. La Frustrazione nei cani, in ambito di sequenza predatoria, non è un elemento di “valore assoluto” ma relativo alla sequenza predatoria propria di quel particolare soggetto. Ovvero, se un soggetto ha una sequenza che si esaurisce con l'inseguimento, la frustrazione arriva se la "preda" individuata non si muove o se l’inseguimento è impedito. Cani da caccia che arrivano all'individuazione, subiscono frustrazione se non incontrano il selvatico. Quindi la frustrazione compare/aumenta laddove non si giunga o sia impedito portare a termine la sequenza. Nel caso in parola, trattando di cani da caccia a vista dove la sequenza predatoria si attiva molto velocemente mediante il movimento e si esaurisce con inseguimento e cattura, l’impedimento e l’inibizione di tale attività, porta alla comparsa della frustrazione. Questo collima con l’improvviso picco di eccitazione/irrequietezza in presenza di stimoli il cui raggiungimento viene impedito. 

Abbiamo quindi due fenomeni che si sommano: Stasi comportamentale con relativo sviluppo di comportamenti appetitivi e fenomeno di abbassamento di soglia e dall’altro lato, sviluppo di frustrazione con l’impedimento della azione predatoria quando lo stimolo si è manifestato. Il combinato, con una conseguente limitata possibilità (quantitativa) di espletare la azione predatoria (innata e in precedenza accresciuta mediante addestramento), porta il cane ad avere reazioni e comportamenti sproporzionati e non lucidi alla vista di uno stimolo.  

 

Agire sull’abbassamento dello stress e delle cause della frustrazione mediante una attenzione all’appagamento di bisogni e pulsioni, agire mediante attività di apprendimento sulla introduzione di competenze, sulla esplorazione del panorama comportamentale prima inespresso, sulla gestione delle emozioni e reindirizzare le pulsioni dando al cane modo di espletarle mediante attività consone, (attività sportive, attività predatorie adatte, lavoro in campo, ecc.) è la chiave per giungere a soluzione/riduzione/maggiore controllo dell’anomalia manifestata. 

 

Una breve riflessione sul “Gioco”. La espressione comunemente usata durante le interazioni tra cani, “Giocano”, spesso è fallace. In atteggiamenti di inseguimento, la teoria del gioco non è condivisibile se non sono entrambi i cani a “divertirsi” (se ci sono comportamenti di paura e/o difensivi da parte dell’inseguito non siamo difronte a gioco), se non si ha una inversione dei ruoli (l’inseguito diventa inseguitore e viceversa) e soprattutto ove vi siano “incidenti” (che incidenti non sono) o ci si senta in obbligo di usare strumenti (museruola) atti ad impedire pinzate/morsi.

 

 

Ragionamento sottostante.

Tutto nasce dal dato che spesse volte, se liberati in recinti con altri cani, i levrieri rescue arrivano a rincorrere e pinzare. I proprietari, al fine di non arrivare al morso, fanno loro indossare la museruola . Questi eventi, spessissimo, sono accompagnati da affermazioni quali:  “giocano” ; “è normale, è predazione”.

Ci ragiono da un po’.

Nel lavoro con il mio cane, con altri cani, altri levrieri, nel confronto con altri colleghi, nella partecipazione a seminari, vedo che questi comportamenti si riducono/estinguono grazie ad un certo tipo di lavoro. Comportamenti quindi non innati (attenzione, non parlo di predazione ma del rincorrere e pinzare cani) e modificabili. Cerco quindi di capire quale sia il meccanismo sottostante. Per fare questo, devo guardare oltre ad un approccio di tipo divulgativo andando a ricercare le cause e le spiegazioni nell’etologia ossia la scienza che studia il comportamento degli animali. Comportamento degli animali che differisce tra animali liberi in natura, animali addomesticati e animali domestici. Una branca dell'etologia poi, si concentra sulla natura patologica (anormalità) dei comportamenti degli animali. Gli animali presentano/sviluppano in natura un repertorio comportamentale (quindi un certo numero di comportamenti che sono in grado di esibire e mettere in atto a fini di sopravvivenza, adattamento, alimentari, sociali, riproduttivi… evolutivi). Si osserva come, le anomalie di questi comportamenti animali, si verifichino negli animali che vivono in cattività, in ambiente domestico o comunque in ambiente diverso da quello che sarebbe la loro condizione naturale. In natura, parola di etologi, le anomalie comportamentali sono pressoché inesistenti. Qui ho dovuto fare un salto ed è il salto che chiedo di fare anche a voi per capire il ragionamento. Quando si parla di anomalia comportamentale, se ne parla in termini scentifici ed etologici. Un comportamento, pur se frequente e messo in atto da un ampio campione di soggetti, può non essere normale in contesto naturale. La normalità va individuata nei comportamenti in natura, non sui comportamenti sviluppati in un contesto non naturale. Qui nascono gli errori di interpretazione e decodifica dei comportamenti. Il contesto e l’ambiente influiscono falsando le osservazioni. Ciò che si vede può essere “normale” o meglio, usuale, in un certo contesto ma può essere una anomalia se ricollocato in ambiente naturale. Può essere frutto della cattività e del contesto imposto. Credo si concordi tutti sul fatto che i cani vivono in contesto artificiale imposto dall’uomo e quindi non naturale.

Detto questo, vado a vedere cosa è la predazione, non nell’immaginatio collettivo umano (contesto imposto ai cani) ma in termini etologici in riferimento agli animali in genere. Vado a vedere in termini etologici cosa è una sequenza predatoria per gli animali.

Nello specifico poi, nei cani, la selezione ed il lavoro hanno prodotto razze nelle quali le sequenze predatorie sono state modificate e bloccate in vari stadi, a seconda della utilità decisa dall’uomo. I cani da caccia sono cani utilizzati a scopi utilitaristici dall’uomo. Ci sono cani nei quali la sequenza predatoria è stata bloccata alla individuazione, ed altri dove si spinge via via fino a inseguire-catturare, uccidere, consumare. Consumare è un comportamento etologicamente naturale di un predatore.  Nella caccia condotta dall'uomo invece, la consumazione da parte del cane è un aspetto non gradito e quindi, per le necessità dell’uomo, anomalo. Così si introduce una manipolazione/una deviazione al comportamento naturale di un predatore. Spero questo chiarisca il senso di anomalia del comportamento. Dipende da che punto di vista si guarda.

Dalla definizione etologica di predazione, si evince che nella normalità naturale, i cani non predano cani perché non si nutrono di animali della stessa specie. Questo mi porta alla conferma che il comportamento di inseguire e pinzare (o peggio) altri cani, non è un compoprtamento etologicamente naturale. Mi pongo la domanda se sia quindi frutto di una anomalia. Anomalia e patologia che in etologia sono definiti come comportamenti antievolutivi quindi di alcuna utilità per il soggetto, pericolosi per il soggetto, immotivati biologicamente e di alcuna utilità per l'evoluzione dell'intera specie. Spero tutti si concordi su questo. Teniamo bene a mente che le affermazioni di partenza usate per spiegare quei comportamenti sono: “giocano/è predazione”.

Vado allora a ricercare le motivazioni che possono aver introdotto questo comportamento, concentrandomi su una particolare categoria di soggetti: i Galgo rescue. Vado a ricercare quali sono le cause etologiche che introducono una anomalia comportamentale e vado a ricercare nel campione in osservazione se queste cause sono presenti e se effettivamente portano a sviluppare le anomalie comportamentali descritte in etologia negli animali. Ecco le definizioni etologiche di “stasi comportamentale”, “deprivazione”, “comportamento appetitivo”, “abbassamento di soglia”. Analizzo questi concetti individuandoli nei comportamenti che ho visto e studiato nei cani e nei Galgo rescue. Guardo i filmati che ho fatto in questi anni e individuo gli aspetti descritti in etologia. Nello specifico, come esempio di abbassamento di soglia, posto il video di una reazione ad un elemento scatenante di basso valore biologico (sempre in termini etologici): Lancio di puazzetto. Il cane parte e invece di concludere la sequenza predatoria con individuazione-inseguimento-cattura-uccisione, ad un certo punto fa altro (continua a correre, ha difficoltà a fermarsi, sfoga eccitazione, sfoga stress…). Un comportamento quindi etologicamente anomalo perché immotivato o non centrato rispetto allo stimolo. Il filmato è un esempio. Quel cane era in campo da tempo, aveva già corso e già fatto altre attività quindi non era in uno stato di necessità di sfogare movimento. Su questo vi chiedo di credermi altrimenti, se manca la fiducia, tutto il discorso cade. Che un levriero ami correre è indubbio e che la scelta sul comportamento che in alcune situazioni lo faccia stare meglio e gli permetta di scaricare stress, ricada sulla corsa,è pacifico (necessiterebbe l'introduzione del concetto di Coping). Ma, a volte, non basta soffermarsi a quello che si vede ma occorre spingersi ad analizzare cosa “non si vede” in un dato contesto. Se stimolo il cane alla predazione, mi chiedo perché non attui una lineare sequenza predatoria ma si spinga invece a fare altro. Se la risposta è  “perché gli piace correre” mi chiedo: perché proprio in quel momento? Quella reazione ad un pupazzo è da considerarsi logica? Lucida? Una tale eccitazione per uno stimolo tutto sommato basso, collima con la lucidità? Lucidità che è alla base della sequenza predatoria. Questo al fine di dimostrare che i concetti etologici studiati sono riscontrabili nella situazione presentata e in altri casi visti (anche nella mia adozione) e raccontatimi nei Galgo rescue.

Corollari di questo processo:

  • La predazione, in termini etologici, è una attività lucida e mirata, che si innesca e conclude lungo la sequenza predatoria ed è finalizzata al procacciarsi il cibo;

  • I cani, etologicamente, non predano cani.  Il forzato impedimento di porre in essere un comportamento predatorio innato e/o selezionato (comportando stasi comportamentale e frustrazione) causano una abbassamento di soglia. Questo, ove ne sia dato modo al cane (anche in caso fortuito), porta ad una reazione di proporzione etologicamente immotivata all’abbassarsi del valore dello stimolo (non lucidità predatoria già alla vista di un pupazzetto che è altro rispetto ad una vera preda);

  • Se non sono entrambi i cani a divertirsi, se non c’è scambio dei ruoli tra inseguito e inseguitore, se l’inseguito tenta di difendersi, se c’è morso o aggressione, se ci si sente di usare una museruola per impedire il morso, non si è dinnanzi a comportamenti di gioco;

  • Con attività mirate di reindirizzamento delle pulsioni inespresse, con l’introduzione di esperienze, competenze, attività di apprendimento, attività predatorie reali e/o paliative, si ha aumento di lucidità e autocontrollo, una maggiore stabilità emotiva e la diminuzione/estinzione dei comportamenti di inseguimento/morso di cani su cani.

Per questi motivi, gli episodi di inseguimento e morso di cani su cani sono irrealisticamente classificabili come gioco e non configurano nemmeno predazione in termini etologici ma, piuttosto, anomalie rispetto al comportamento etologico.

Che colloquialmente vengano definiti “predazione” o che siano ritenuti “normali” perché espressi da molti soggetti, non cambia la sostanza. Non considerare il comportamento puro in natura, il contesto ambientale e sociale e le condizioni di selezione e detenzione di questi cani, porta a considerazioni etologicamente fallaci.

Si aprono mille strade e mille ragionamenti e davvero si dovrebbe introdurre il concetto di “Coping naturale” in cinofilia, quale azione attuata dal cane a tampone dello stress causato da una condizione di difficoltà o di stasi (piuttosto che parlare indiscriminatamente di piacere alla corsa che, può esserci come non esserci. A volte non possono/sanno fare altro in una situazione) ma, davvero, le cose si fanno complesse e portano in altra direzione (Per approfondimento A.Capra).

Il presente non è un trattato scientifico ma una analisi puntuale su un aspetto ben preciso e non necessariamente giusta o sbagliata. Ci si può ragionare o portare nuovi elementi per sostenere il contrario o aggiungere tasselli mancanti. Il lavoro è in divenire e finalizzato ad ampliare le conoscenze al fine di avere maggiori strumenti a supporto di questi cani. 

Detto questo, se si può lavorare su ciò che è innato, figuriamoci se non si può lavorare su aspetti non innati e su anomalie dei comportamenti, migliorando così la gestione e la vita dei cani (non da ultimo, dei cani inseguiti e di tutti i proprietari).